Disordini ereditari trombofilici

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Che cosa è

Si tratta di difetti o alterazioni genetiche di uno o di più fattori della coagulazione che causano una eccessiva facilità alla coagulazione del sangue. È definita come trombofilia ereditaria la presenza di una o più tra le seguenti anomalie:

  • deficit delle proteine anticoagulanti naturali: antitrombina (AT), proteina C (PC), proteina (PS);
  • presenza in forma eterozigote o omozigote delle mutazioni a carico del gene che codifica per il fattore V (mutazione G1691A, fattore V Leiden), del fattore II (mutazione G20210A) della coagulazione;
  • disfibrinogenemia

La carenza congenita di antitrombina viene trasmessa con carattere autosomico dominante e determina un aumento di 25 volte di sviluppare complicanze tromboemboliche rispetto alla popolazione generale. Si riconosce un difetto quantitativo (tipo I) e un difetto qualitativo (tipo II).

La carenza congenita della proteina C  può essere quantitativa (tipo I) e qualitativa (tipo II) in cui la proteina ha una funzione alterata. Le manifestazioni cliniche sono estremamente variabili, tra le più gravi: la purpura fulminans e la necrosi cutanea.

La carenza di Proteina S è trasmessa con carattere autosomico dominante ed è associata a un rischio tre volte aumentato di sviluppare eventi tromboembolici. Vi sono tre tipi: il tipo I (deficit quantitativo), il tipo II (deficit qualitativo) e il tipo III in cui vi è una riduzione della forma circolante.

La presenza della mutazione (G1691A) del gene che codifica per il fattore V (fattore V Leiden), sia in forma eterozigote che omozigote, predispone a un maggior rischio trombotico. I soggetti eterozigoti hanno un rischio 8 volte superiore di sviluppare una trombosi venosa, mentre per quelli omozigoti è di circa 80 volte. Tale variante ha una frequenza dell’1,4-4,2% in Europa; in Italia, i portatori eterozigoti sono circa il 2-3%.

La mutazione G20210A del fattore II è associata ad elevati livelli di protrombina funzionale nel plasma e conseguente aumentato rischio di trombosi, in particolare di circa 2-3 volte superiore nei soggetti eterozigoti e di circa 6 in quelli omozigoti. La frequenza genica della variante è bassa (1,0-1,5%) con una percentuale di eterozigoti del 2-3%. L’omozigosi è rara.

Sintomi

Questi disordini si possono manifestare come episodi trombotici spontanei in età precoce o secondari ad intervento chirurgico, prolungata immobilità, terapia estroprogestinica, gravidanza. Generalmente si tratta di trombosi venose (trombosi venosa profonda, embolia polmonare), spesso recidivanti. Le forme più gravi, dovute a carenza della proteina C, si possono presentare come trombosi del microcircolo di vari organi anche in epoca neonatale (purpura fulminans neonatalis). Uno stato di trombofilia ereditaria può anche associarsi a poliabortività.

Diagnosi

La diagnosi si esegue dopo una accurata anamnesi familiare mediante prelievo di sangue venoso periferico. Il paziente deve essere sottoposto ad uno screening trombofilico che includa PT, PTT fibrinogeno, AT, resistenza alla proteina C attivata (APCr), PC, PS, F V Leiden, FIIG20210A. Le forme di trombofilia acquisita comprendono il dosaggio dell’omocisteinemia, LAC, anticorpi anticardiolipina, antiBeta2 glicoproteina.

A chi effettuare lo screening trombofilico congenito

  • Pazienti con trombosi venosa profonda e/o embolia polmonare con età < 45 anni
  • Pazienti con anamnesi familiare positiva per tromboembolismo venoso e/o embolia polmonare in età giovanile
  • Pazienti con trombosi nel distretto addominale o cerebrale
  • Donne con complicanze ostetriche (poliabortività, morte intrauterina feto, eclampsia)

Terapia

I pazienti portatori di anomalie ereditarie trombofiliche hanno un aumentato rischio di sviluppare un primo evento tromboembolico in determinate situazioni (interventi chirurgici, traumi, periodi di immobilizzazione prolungata, allettamenti, gravidanza, terapia estroprogestinica). Per questi pazienti è possibile instaurare in queste situazioni una profilassi anticoagulante.

Coloro che invece hanno già sviluppato un evento trombotico necessitano di una terapia anticoagulante per un periodo definito o indefinito, a secondo della persistenza o meno di altri fattori di rischio, del tipo di anomalia, del numero e tipo degli eventi pregressi.

Prognosi

La diagnosi precoce e la profilassi nelle situazioni di aumentato rischio trombotico permettono di ridurre, in maniera significativa, le complicanze trombotiche.

I pazienti con trombosi, se trattati con adeguata terapia anticoagulante, hanno buona prognosi.

Codice esenzione

RDG020

A chi rivolgersi

Centro di riferimento regionale per le Trombofile (bambini e adulti) – Ematologia, Dipartimento di Medicina Traslazionale e di Precisione, Università Sapienza, AOU Policlinico Umberto I, Via Benevento 27°, piano terra e 1° piano.

Medici di riferimento: dott. Antonio Chistolini, dott.ssa Cristina Santoro, dott.ssa Erminia Baldacci.

Telefono: 0649974413, dalle 8.30 alle 14:00, dal lunedì al venerdì.

Per saperne di più

Sito FCSA (Federazione Centri per la diagnosi della trombosi e sorveglianza terapie anticoagulanti)